Negli anni '70, grazie ai film, il Kung Fu è diventato noto come una temibile arte marziale cinese. In realtà, il termine Kung Fu significa "abilità" o "duro lavoro" e indica l'eccellenza raggiunta attraverso l'impegno in qualsiasi attività, non solo nelle arti marziali.
L'espressione corretta per l'arte marziale cinese è Kung Fu Wu Shu, dove Wu significa "guerra" e Shu "arte", traducibile come "arte della guerra". Il Wu Shu comprende tutte le discipline marziali cinesi, che si sono sviluppate nel corso di secoli in diverse regioni della Cina, dando vita a circa 360 stili ufficiali e oltre 2.000 stili non codificati.
Durante la Rivoluzione Culturale, la Cina ha riorganizzato il Wu Shu in una disciplina più sportiva per uniformare le competizioni nazionali e internazionali. Sono nate così otto specialità principali, che raccolgono elementi da vari stili:
Chang Quan (boxe lunga): movimenti ampi, calci alti e salti, tipici del nord della Cina.
Jian Shu (arte della spada dritta): movimenti eleganti e veloci.
Dao Shu (arte della sciabola): tecniche di grande potenza.
Qiang Shu (arte della lancia): usata storicamente dalle guardie imperiali.
Gun Shu (arte del bastone): sviluppata soprattutto nel monastero di Shaolin.
Nan Quan (boxe del sud): tecniche potenti e ravvicinate, diffuse nel sud della Cina.
Tai Ji Quan (boxe della grande sommità): movimenti lenti e armoniosi, nota anche come "meditazione in movimento".
San Da (combattimento sportivo): un sistema di lotta che combina pugni, calci e proiezioni.
Questa evoluzione ha permesso al Wu Shu di diffondersi in tutto il mondo, mantenendo vive sia le sue radici tradizionali che il suo lato competitivo.